Pupi Siciliani
Le due Scuole - la Catanese e la Palermitana
Al di là degli elementi stilistici unitari esistono due scuole principali, quella Palermitana e quella Catanese, che sono molto diversificate nella costruzione del pupo e alle quali si rifanno pupari di altre località siciliane (Acireale, Agrigento, Messina, Trapani), aggiungendo delle particolarità personalizzate. Va sottolineato che lo stile palermitano è quello più diffuso.
La prima distinzione riguarda la stessa dimensione del pupo, che a Palermo presenta un’altezza simile a quelle delle marionette classiche, tra gli 80 cm e il metro dal peso di 13,14 kg, mentre a Catania si trovano pupi alti un metro e trenta cm e in alcuni casi possono pesare quasi 30 kg.
Una seconda variabile, ancora più importante e decisiva per la dinamica teatrale, riguarda il movimento e le articolazioni. In pratica il pupo palermitano ha le ginocchia snodate, con cubitiera, ginocchiere ed elmo con visiera mobile, che consente un andamento più aggraziato ed una scioltezza mimica di tutto il corpo, che influisce moltissimo sul modo di dialogare, di gestire e di combattere e alcuni possono anche muovere gli occhi e la bocca. La mano destra è realizzata con il pugno chiuso, e ha un buco al centro, nel quale passa un filo che legato al pomo della spada consente di estrarla e riporla nel fodero. Altra importante differenza consiste nel fatto che durante i combattimenti la testa di alcuni pupi può cadere o addirittura che alcuni di essi vadano letteralmente a pezzi.
Il pupo catanese invece, ha gli arti inferiori bloccati e scoperti, gli scudi dei guerrieri sono quasi tutti rotondi, la spada è fissata alla mano destra, la visiera dell'elmo non è mobile ma fissa e gli schinieri coprono la parte anteriore della gamba. Le corazze sono decorate con l'aggiunta di piastre pendenti. Per quanto riguarda gli addobbi e i vestimenti essi sono un pò più raffinati rispetto a quelli palermitani. Nel movimento il pupo è più rigido, non può inginocchiarsi ed ha una cadenza quasi irreale anche perché non poggia per terra ed è sorretto da catene ancorate alla parte alta del teatro.
Anche la manovrabilità del pupo ha le sue varianti; a Palermo la leggerezza ed il minor peso del pupo rendono possibile un maneggio laterale, eseguito con il puparo in piedi che lo sorregge con le braccia tese, l’articolazione delle ginocchia ne permette un passo sciolto e una grazia quasi di danza.
A Catania la mole del pupo costringe il manovratore ad una posizione alzata o supina su un palchetto appositamente costruito sopra il teatro vero e proprio, per cui il pupo si muove quasi sempre accostato al fondale di scena e fatto scorrere, durante le battaglie, per tutta la lunghezza del teatro. Per quanto riguarda il teatro vero e proprio c’è da dire che quello catanese per ovvi motivi è molto più grande e può arrivare anche a 10 m. di lunghezza, esso in genere si preparava all'interno di magazzini o scuderie. Si hanno anche qua delle differenze sostanziali; nei teatri dell'area Palermitana le sale avevano un'ampiezza inferiore rispetto a quella Catanese, e il boccascena del teatro ha decorazioni molto ricche che simulano i panneggi, mentre in quello catanese i panneggi sono reali.
I Paladini di Francia
Il termine Paladino, dall’aggettivo latino palatinus (del palazzo), descrive ciascuno dei 12 Pari al servizio nell’esercito di Carlo Magno, essi ricoprivano le cariche più alte dell’ordine militare e costituivano una sorta di guardia d’onore dell’Imperatore. I Paladini o Pari erano scelti personalmente da Carlo Magno e obbedivano solo al re, ciascuno dei Pari era un nobile, conte o duca, e doveva possedere particolari virtù: fede, lealtà, forza e sprezzo del pericolo.
Vi sono pareri discordanti circa i nomi dei 12 Pari, per alcuni testi essi erano: Orlando - Olivieri - Berengario - Ottone - Gerino - Ivo - Avorio - Genieri - Ansegi - Sansone - Gerardo - Engelieri.
Secondo la Chanson de Roland erano invece: Orlando - Oliviero - Turpino - Oggieri il danese - Riccardo il vecchio - il nipote Enrico - Accellino di Guascogna - Tebaldo di Reims - il cugino Milone - Geriero - Gerino - Gano.
Nell’opera dei pupi troviamo alcuni dei personaggi elencati in precedenza e altri presi in prestito dai poemi epico-cavallereschi, mischiando così ancora di più mito e realtà. A confondere ancora una volta le acque ha contribuito la Scuola Catanese, che deve a suoi opranti le invenzioni di personaggi come: Uzeda - Erminio della Stella d’Oro - Gemma della Fiamma - Guido di Santa Croce e tanti altri.
I Pupari più famosi
Al fenomeno palermitano da le origini Don Gaetano Greco (1813-1874) che sarà seguito nella professione dai due figli, Achille e Nicolò; quasi nellostesso periodo iniziò Don Liberto Canino che fu il capostipite di una famiglia di pupari che operò a lungo, segnalato come riformatore dal Pitrè per aver realizzato per primo la corazza e l’elmo in metallo ai paladini, e perchè adoperò un telone (ad opera del Di Cristina) che rappresentava un episodio della storia di Sicilia “L’ingresso a Palermo di Ruggero il Normanno” invece che il classico telone con la storia dei paladini di Francia.
Nel catanese il primo puparo fu Gaetano Crimi 1835, seguito dalla famiglia di Giovanni Grasso, da quella di Don Raffaele Trombetta e Sebastiano Zappalà, alla casata degli Insanguine che nasce a Bari ma poi si trapianta in Sicilia; come esponente di tale dinastia occorre citare Nino Insanguine soprattutto per la sua abilità nel dare ai suoi Pupi una sorta di umanità ed una teatralità degna dei grandi attori.
Accanto ai nomi di questi grandi maestri Pupari occorre citarne degli altri altrettanto validi. Il catanese Giuseppe Chiesa, un impresario-puparo che iniziò la sua attività con il giovanissimo Angelo Musco animando i Pupi al Teatro Machiavelli, egli creò anche dei propri teatri e va ricordato come un genio di grande fantasia ed abilità, suo rivale è senz'altro Pasqualino Amico da ricordare per la sua estrema abilità nel costruire e manovrare i Pupi e nel dar loro una voce inconfondibile ed indimenticabile.
Altri da ricordare: i messinesi Rosario Gargano e Peppino Grasso. Di lunga tradizione, risalente all’inizio del secolo e ancora operanti in Sicilia sono: la famiglia dei Cuticchio (che si adoprano anche nell’arte del cuntastorie) e Vincenzo Argento di Palermo, la famiglia dei fratelli Napoli di Catania, i pupari Nino Canino di Partinico e Agostino Profeta di Licata (AG) che ha ripreso in mano i suoi pupi per ricominciare a narrare le storie di cavalieri ed eroi come faceva il padre all’inizio del secolo.
E’ importante ricordare che, in un primo momento, quasi tutti i pupari si avvalsero della collaborazione dello scrittore di dispense (dalle quali il puparo trarrà i suoi copioni), del fabbro-ferraio (per la realizzazione delle armature dei pupi) e del pittore (per la realizzazione dei cartelloni e per la decorazione del teatro); cose queste, che successivamente il maestro puparo realizzerà da sé collaborato in toto dai componenti della propria famiglia; (è da sottolineare che essere un bravo Puparo non significa solo essere un bravo artigiano, ma essere anche un bravo attore visto che egli ha il compito di animare i Pupi e di dar loro la voce).
Uno dei più indiscussi maestri artigiani che si è distinto in quest’arte fu il palermitano Don Carmelo Di Girolamo scomparso nel 1983 che realizzò la più bella serie di pupi che si conosca e lo scultore Messinese Paolo Marini, la cui caratteristica era la mobilità degli occhi e della bocca dei suoi paladini.
L’opera dei pupi meraviglia ancora noi tutti, la magnificenza delle armature, la vivacità delle vesti e dei pennacchi, i movimenti aggraziati e la varietà degli intrecci delle fantastiche storie cavalleresche e non, il gusto della spettacolarità, le forti emozioni, il romanticismo popolaresco che queste marionette di legno riescono ancora a dare.
Da sempre infatti l'Opera dei pupi ha voluto essere una sorta di metafora della vita: la battaglia dei cavalieri della Chanson de geste è stata definita "la più invisibile delle guerre invisibili", perché quella da loro combattuta rappresenta prima di tutto la lotta interiore che ogni uomo deve affrontare per difendere i propri ideali senza lasciarsi sopraffare dalle mille tentazioni che la realtà gli propone e da quelle altrettanto pericolose che albergano in ciascuno di noi.
Ciò contribuisce a spiegare il grande successo avuto dal Teatro di figura siciliano, che ha saputo mettere in scena le più comuni passioni umane in modo semplice, accessibile a tutti, ma non per questo banale, capace di far riflettere e divertire nello stesso tempo, in un'atmosfera magica popolata da draghi, mostri, angeli e diavoli.
Opera dei Pupi Catanese
L'Opera dei pupi (in dialetto catanese opira dé pupi oppure opr'e pupi) è il teatro delle imprese, d'ispirazione epico cavalleresca, compiute dai personaggi-pupi.
Al contrario dei pupi palermitani, che non sono alti più di 90 cm., le marionette catanesi, armate di spada e protette da elmo e scudo, sono poderose e solenni e raggiungono un'altezza di 140 cm, oltre a un peso di 35 kg.
Fu don Giovanni Grasso ad introdurre a Catania e in Sicilia questo genere di teatro d'estrazione e destinazione popolare, proveniente da Napoli, nel 1861.
I manovratori dei pupi sono i pupari (o opranti), che stanno su un palchetto dietro la scena; gli scenari, non dissimili alle fiancate dei tipici carretti siciliani, vengono adattati al contesto della storia narrata; i parlatori (che parlano i pupi) danno, da dietro le quinte, la voce ai pupi (prima dell'evento dei dischi e dei nastri registrati erano anche rumoristi, mentre un'orchestrina eseguiva le musiche).
Il più celebre dei personaggi-pupi è Orlando, cavaliere forte e leale, che è addobbato con un abito rosso, impugna la durlindana, caratteristica spada ricurva ed è protteto dallo scudo ed un elmo con un cimiero raffigurante un'aquila. Ci sono poi Rinaldo di Montalbano, molto amato dal pubblico per la sua generosità, più elegante del cugino Orlando, con abito verde e un cimiero raffigurante un leone; Angelica, il più famoso personaggio femminile dell'Opera dei Pupi; Gano di Magonza, patrigno di Orlando, molto odiato dal pubblico perchè rappresenta il tradimento; Carlo Magno, l'imperatore da cui prende il nome il ciclo carolingio; Ruggiero, il conte guerriero; Astolfo dalla lingua lunga; le guerriere Marfisa e Bradamante; la maga Alcina; Alda la Bella, sposa di Orlando; Erminio della stella d'oro; ed ancora Ricciardetto, Mandricardo, Fioravante, Rizzieri, Buovo d'Antona, Agollaccio, Uzeda il catanese, lo spagnolo Ferraù, il re Circasso Sacripante, il sultano Solimano, il re tartaro Agricane, Gemma della fiamma, Clarice (fidanzata di Rinaldo), Pulcani (mostro dalla faccia umana e corpo di bestia), Malagigi, Peppinino (curiosa macchietta comica, che manda in ridere l'atmosfera tragica ed è l'equivalente catanese del palermitano Nòfriu).
Negli ultimi decenni l'Opera dei Pupi ha in parte perso l'antica vitalità, anche se rimangono ancora molti amatori.